Ieri sarei dovuto essere a Roma, in uno splendido teatro, per una replica del mio spettacolo “DER BOXER”, all’interno di una rassegna che prima di me ospitava dei nomi giganteschi del teatro italiano (Lavia, Herlitzka, per dirne solo alcuni).
Tutto si sarebbe svolto come al solito: arrivo a Roma, via di corsa in teatro, puntamento luci e prova tecnica, senso di responsabilità che mi divora nei minuti che precedono lo spettacolo, e poi sarebbe successa quell’alchimia strana e inspiegabile che succede sempre.
E invece niente, ovviamente, per i motivi che tutti conosciamo. Se questa replica fosse saltata per altre motivazioni, dipendenti da me o da cause accidentali non avrei trovato pace, mi sarei dannato l’animo per giorni.Invece questo appuntamento mancato, per me di importanza enorme da un punto di vista professionale, è passato senza colpo ferire, senza procurarmi nessuno sbalzo d’umore apparente (e in genere niente riesce a farmi decollare l’umore o a farlo schiantare al suolo come il teatro, assolutamente niente).
“Mal comune, mezzo gaudio”, diceva quel detto. Ed è vero. È verissimo.Ma quello che mi spaventa è che il concetto del “Mal comune mezzo gaudio” si trasformi in uno spirito di rassegnazione collettiva, in una sorta di senso di sconfitta generale che ci faccia allargare le braccia, che soffi sopra la fiamma delle nostre aspirazioni e ambizioni, che getti via il mozzicone incandescente del nostro sentirci vivi.
Non smettiamo mai di combattere, di lottare per la realizzazione di qualcosa, anche se questo “qualcosa” dovesse allontanarsi da noi di svariate lunghezze. Troviamo, ritroviamo, accalappiamo per il collo il nostro senso di utilità nel mondo.
E coccoliamolo, sgridiamolo se necessario, ma non facciamolo sfiorire, non lasciamolo scappare. Perché quando tutto questo schifo finirà i “Mal comune mezzo gaudio” non serviranno più a niente, ma resterà solo la legge del “Chi la dura la vince”.
E per allora, se saremo ancora in piedi e con la nostra voglia di fare, di esistere, di lasciare un graffio nel mondo, vorrà dire inequivocabilmente che avremo vinto.